Spettacolo visionario, distopico e attuale
Si chiama “Smart Work” ed è lo spettacolo visionario, distopico e attuale, scritto da Gianluca Vetromilo e Armando Canzonieri, andato in scena in un gremito Teatro Grandinetti, nell’ambito della importante kermesse culturale “Calabria Teatro”, diretta da Diego Ruiz e Nico Morelli. Lo spettacolo teatrale – produzione Mammut Teatro in collaborazione con Primavera dei Teatri – ha come protagonista l’attore Francesco Rizzo; regia di Gianluca Vetromilo.
Sul palcoscenico, la vita del mondo di “Smart Work” si dispiega come in un dramma greco, dove il protagonista, un giovane tragicamente intrappolato nel vortice della quotidianità, viene schiacciato dal Dio Lavoro.
Nel teatro, l’opera si erge come un grido di dolore e di speranza, come una riflessione amara su un’epoca nella quale l’esistenza si barcamena tra un incastro di doveri e scadenze.
La scena si apre su una città che batte come un cuore affaticato.
Il fruscio delle biciclette diventa il tappeto sonoro di una vita in fuga.
Francesco Rizzo, nel ruolo del protagonista, incarna l’ambivalenza della frustrazione e del desiderio di libertà, perché cerca una via d’uscita attraversando le rigide convenzioni del lavoro. Ogni sua mossa è un atto di ribellione, ogni sua battuta è un colpo di scalpello che infrange il muro di silenzio dell’indifferenza sociale.
La narrazione si snoda attraverso una giornata tipo, un ciclo che si ripete all’infinito, un loop in cui il protagonista viene sopraffatto dai ritmi insopportabili di un lavoro alienante che gli chiede impegno e sacrifici illimitati. Call center la mattina e poi raider per il resto della giornata. Con il ritmo cinematografico della macchina da presa, la regia di Vetromilo alterna i momenti di drammaticità agli sprazzi di amara ironia, creando un clima di tensione emotiva che tiene il pubblico con il fiato sospeso. Sulla scena, la luce gioca con le ombre, rivelando e nascondendo il palco, con la speranza di un futuro migliore che per il protagonista si fa sempre più lontana.
Il suono della bicicletta, dei telefoni che squillano e del grammofono, da cui una voce trasmette parole, si intrecciano come in un canto funesto di sirene, avvolgendo gli spettatori in un’atmosfera che oscilla tra l’angoscia e la riflessione. Ogni nota è un richiamo a considerare il prezzo del nostro tempo, a interrogarsi su cosa significhi davvero “vivere”.
Eppure, nel cuore di questa Odissea contemporanea, si cela un messaggio di resistenza. Il protagonista, pur schiacciato dalla routine, si aggrappa a quei quindici minuti di libertà, che sono un attimo rubato al tempo ed un sogno di autenticità. Vetromilo e Canzonieri ci sfidano a non sottovalutare il potere di un semplice momento di gioia, a non dimenticare che la vita non è solo sopravvivenza, ma un’ardente ricerca di significato.
“Smart Work” si pone allo stesso tempo come una denuncia sociale ed un inno alla vita: è il teatro della catarsi collettiva.
Francesco Rizzo, foto di Vacantiandu
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